A stanchezza smaltita e cervello vagamente all’opera tenterò ora di fare un resoconto, con un minimo di senso, degli ultimi giorni. Dove partire? Direi da dove ci eravamo lasciati: il concerto.
Armato di santa pazienza e di un thermos di tè mi imbarco in una impresa riservata a quelli che (testuali parole) “o sei coraggioso o sei masochista”: vado in automobile a Milano in cerca di parcheggio. Viaggio: poco più di un’ora. Ricerca del parcheggio: poco meno del viaggio, e ringrazio chi di dovere per l’esistenza dei garage che chiudono alle due di notte e costano tanto quanto i posti non custoditi all’aperto (mah…).
Un po’ di metro e mi riunisco a tre loschi individui che chiameremo con i nomi fittizi di Cinzia, Frodo e Théoden; vista la vicinanza si decide per un detour alle Messaggerie, dove vengo tentato dal nuovo libro di Pratchett tradotto in lingua nostrana; fortunatamente riesco a ritornare ai miei sensi per tempo e mi lascio tentare, sì, ma dall’edizione originale economica.
Cena rapida, una piccola scarpinata ed eccoci al Capodanno celtico, che più che altro mi sembra il solito insieme di bancarelle che non tentano nemmeno di stare in tema; mi assicurano dalla regia che nel pomeriggio c’erano figuranti e musici, ma comunque mi mancava quel quid. Per essere alla quinta edizione sembrano un po’ alla prima.
Finalmente tolgono le transenne davanti al tendone del concerto, si entra e si ammira il palco, in confronto al quale il teatrino di parrocchia sembra la Scala. Adesso, il mio id critico salta in superficie; siete liberi di saltare al capoverso successivo. O anche più in là. Nel programma ci sono due nomi: Caroline Lavelle scritto in grande e Il paese delle mille danze con caratteri molto più piccoli. Okay, c’è una opening band: speriamo che facciano i loro 2-3 pezzi rapidamente e telino. Magari: questi vanno avanti per un’ora, e invitano pure a liberare il centro del minuscolo tendone per permettere alla gente di ballare. Grazie, grazie mille, ma io sono qui per la Lavelle e vorrei tornare a casa prima che sorga il sole. Finalmente alle 22.30, un’ora e mezza dopo l’inizio nominale del concerto, arriva sul palco Caroline.
L’accoglienza non è delle migliori: alcune persone se ne vanno (tra cui Frodo e il sire, per accalappiare l’ultimo treno), altri lamentano che è troppo diversa dall’altra band, un paio persino che -gasp- non fa musica celtica. Odio fare la Cassandra (ciao Pellegrino!) ma l’avevo detto: il pubblico del concerto serale al capodanno celtico cerca qualcosa di ben preciso, e quel qualcosa non è Caroline. Cazzotti dietro le orecchie alla Universal per aver reiterato lo stesso errore che fece la Sony nel ’95, ossia tentare di spacciare la Lavelle come una Enya dell’elettronico; doppia dose a chi ha pensato che un tendone-stalla in una manifestazione di settore potesse valere come anteprima nazionale e tappa unica di un’artista che meriterebbe un pubblico superiore perlomeno di un ordine di grandezza.
Superata la diffidenza iniziale la britannica bionda si trova di fronte ad un pubblico attento che assorbe la musica della sua voce e dei sette strumenti ad arco sul palco; Caroline presenta molte delle nuove tracce ma inizia, finisce e intermezza il concerto con quelle dei precedenti album, meno tradizionali, più rock, elettroniche e sperimentali. Chi resiste è affascinato, gli altri abbandonano il campo: meglio per noi, che guadagniamo la seconda fila. Ride mentre recita il suo italiano imparato a memoria, ringraziando e presentando tracce e suonatori; si muove e recita sul palco, disegnando con le mani ed i capelli le emozioni del canto; fa muovere rapido l’archetto sul violoncello, bistrattato dal tecnico del suono e a malapena udibile, eppure non importa: non giungerà alle orecchie il suono reale ma vi arriva quello che, nell’intimo, è. Sfodera ancora l’italiano per l’ultimo verso di Timeless, ritorna ancora per un bis dedicato agli ultimi irriducibili.
Dopo il concerto ci si intrufola tra i camper sul retro -nessuna security, allegria!- e si chiacchiera un po’ con Caroline, dell’Italia, del tour con i Chieftains, di una canzone scritta e non finita (di cui ci fa sentire un verso), del suo violoncello…
Visto che nessun altro lo fa trattengo l’istinto del fan assatanato e non tiro fuori né cd da firmare né macchina fotografica per una foto insieme. Sigh.
Si è fatta ormai mezzanotte ed è anche sorta una certa pioggerellina; io e Cinzia trotterelliamo verso piazza Repubblica e, visto che una piazza a Milano è grossa come un quartiere in una città normale, dobbiamo pure girarcela tutta in cerca del garage. Recuperato il mezzo di trasporto, ci infiliamo senza problemi (:fischietta:) nel traffico milanese, si riporta Cinzia a casa, si beve un po’ di confortante tè caldo e si riparte verso casa. Il tempo che ha retto sino a quel momento decide che si è rotto l’incantesimo ed è quindi il momento per far partire pioggia, nebbia e diluvio; con mia somma gioia e sollazzo la tempesta mi segue come un cagnolino sino a casa. Alle tre di notte, stanco e vittorioso, collasso sul letto.
Mattino dopo: pranzo. Pomeriggio: mi ricordo che la scheda di memoria della macchina fotografica ha deciso di morire e vado in cerca di programmi che mi permettano di recuperare parte del contenuto; le foto alla fine saltano fuori, il filmato è definitivamente perso, quindi accendete un cero e pregata santa RaiDue perché non mandi in onda il concerto ad orari assurdi e senza preavviso. Sera: si va a casa del Toccio per una partitella ad Advanced Civilization, che è probabilmente il miglior gioco di strategia da tavolo esistente. Orario di chiusura: parlerò solo in presenza del mio avvocato.
Cinzia/Lobelia
ecco, il mio commento è quello che ho scritto sul mio blog.
«Cronaca del “capodanno celtico” milanese per la giornata di sabato scorso: nonostante i telegiornali annunciassero pioggia e bufera su tutto il globo, sul capoluogo lombardo è rimasto il sole ad allietare le passeggiate tra il Duomo ed il Castello Sforzesco.
Il gruppo festiolo era composto da me, Frodo, Theoden, Cirdan, Elderion e Master Frodo (che però è tornata a casa per la febbre della sua bambina) e le bancarelle erano all’incirca quelle dell’anno scorso.
Mi sono comprata una maglietta nera con sopra la porta di Moria tutta luccicosa decorata a mano.
Abbiamo cenato al Self-service, fatto shopping e poi… ho perso di vista Frodo + Theoden! Ormai però ero in fila per vedere il concerto serale e quindi li ho salutati mentalmente usando la Forza.
Il concerto è stato bello, specialmente la seconda parte, dove si è esibita una tipa che si chiama Caroline Lavelle. Non la conoscevo, ma mi è stato detto che nel suo genere di musica è famosa. Sta di fatto che mi è piaciuta molto!
Finito il concerto siamo andati dietro le quinte per salutarla e devo dire che è proprio simpatica e gentile; mi sono anche complimentata con me stessa perchè riuscivo a capire quasi tutto quello che diceva (inglese).
Tutto si è concluso a mezzanotte passata, quindi io e Cirdan siamo andati a prendere la sua macchina, ed ecco che comincia a piovere, con una pioggerella scema che nemmeno si notava. Dietro mie indicazioni siamo tornati a casa mia (meno male che a quell’ora non c’erano vigili in giro, perchè abbiamo fatto delle manovre da pauuuura), ci siamo salutati e… the end!»
Atrus
1) Penso piuttosto non abbiano gradito il numero speciale che “Il federalismo” ha dedicato all’evento
2) La foto l’avrei gradita ma è più invasivo che chiedere un autografo, che comunque ho già su una cartolina ricevuta insieme al demo di AdB
3) Appena scopro quando lo fanno… “entro tre settimane” non è molto utile come indicazione
bubbo
1) Io sono lombardo e ho letto su un tabloid sinistrorso di fondazione relativamente recente ma molto venduto, nelle ultime pagine, tra la posta dei lettori milanesi, che qualcuno non ha apprezzato i consistenti finanziamenti che ha avuto il capodanno celtico dalla Regione Lombardia.
2) Secondo me tutti i fan della Lavelle aspettavano che qualcuno tirasse fuori per primo la macchina fotografica e i booklet… ma tutti vi siete tenuti l’una nella tasca dx e gli altri nella tasca sx dei pantaloni, quindi la prossima volta imparate a Carpere il Diem!
3) Atrus, quando Rai2 manda in onda il concerto facci un fischio.