Godzilla (aspetta che arriva)

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Alla fine siamo andati a vedere Godzilla, perché i trailer sembravano ben fatti, perché vuoi non andarci nel 60enario, perché c’è sempre la speranza che prima o poi i mostri riescano a essere i protagonisti dei loro film.

E ancora una volta, no, niente di tutto ciò.

 

E` interessante perché tutte le cose per cui questa recensione dice che questo non è il solito blockbuster, per me invece sono proprio quelli che lo rendono il solito blockbuster.

Nel senso: il film spauracchio/uomo di paglia dove i mostri si menano dall’inizio alla fine senza senso e logica non esiste e non c’è mai stato. Esiste solo nella fantasia del critico cinematografico, di fianco al successo di pubblico per i documentari svedesi di 4 ore e al sogno erotico che tutte le pellicole della Asylum prendano fuoco spontaneamente e spariscano dalla memoria storico-culturale.

Persino Sharknado ha una storia e del dramma umano. Fatto male, ridicolo, over the top, ma ce l’ha.

Invece, il film dove l’americano perfetto (soldato, se possibile) con famigliola da proteggere ha il complesso col padre che risolve nella sofferenza quando il padre muore e diventa la mano dello pseudo-scienziato che viene ignorato dal resto dei militari (o businessmen, o industriali…) e con la sua caparbietà sopravvive a un nemico gigantesco contro cui in confronto è una formica, mostro che da nome al film ma che compare per un totale di 10 minuti: ecco, questa sì che è la descrizione di tutti i blockbuster degli ultimi 20 anni!

 

Come nella recente trilogia dei Transformers, i mostri giganti diventano accessori/comprimari al titolo, deus ex machina da tirare fuori alla bisogna mentre tutta la trama si incentra sulle storie di un umano che sopravvive non tanto per intelligenza (il QI medio, anche tra gli scienzati nucleari, è di 28) ma per botta di culo e necessità narrativa. Per noi che, per dirla alla Disney, preferiamo i Paperi al Topo, gli sfigati agli eroi perfettoni, i migliori di questo film non sono tanto Kick Ass imbottito di creatina quanto l’assistente di Ken Watanabe e le sue espressioni da “I’m so done with this shit” ogni volta che un militare dice una vaccata enorme, tipo “IRRADIAMO DI RADIAZIONI QUESTO MOSTRO CHE MANGIA RADIAZIONI”; o l’autista di colore che forza il posto di blocco della polizia quando l’esercito comincia a bombardare Godzilla senza motivo, assicurandosi così il crollo del ponte.

Andrebbe poi bene se la storia fosse interessante, o ci fosse un filo di recitazione impegnata. Ahimè, purtroppo la trama ha il suo apice con la morte di Juliette Binoche nei primi venti minuti, e affossa del tutto al marchio di un’ora con quella di Cranston. Da quel momento in avanti lo sforzo medio degli attori non supera quello di Rihanna in Battleship.

 

Che poi capisco anche quelli che dicono “questo film voleva mostrare l’impotenza dell’uomo di fronte alla forza distruttiva della natura, quindi è normale che i mostri appaiono poco”. Sta bene. Allora mi togli i MUTO e mi lasci solo Godzilla, perché se Ken Watanabe continua a ripetermi “facciamoli combattere” per metà film allora cazzo, voglio vederli combattere. E invece, da quando arriva in scena Godzilla, i mostri cominciano a sparire.

Godzilla arriva sulla spiaggia? Taglio, cambio scena. Il MUTO attacca Godzilla? Taglio, cambio scena. Godzilla finalmente tira fuori il ruggito atomico? Ma torniamo a guardare gli omini che aprono una porta in mezzo al nulla (quanto piacciono le scene di porte che si aprono, a questo regista). Quelli che dovrebbero essere i momenti portanti del film diventano quasi snobberie, nella ricerca precisa di modi di allontanarsi dall’azione.

 

Molte recensioni citano Pacific Rim come esempio negativo di “solo botte niente storia”, senza considerare però che PR ha la stessa ratio di azione/parlato di questo Godzilla e ha una direzione visiva altrettanto coi controcazzi. Ma se di PR, a lungo termine, ci si ricorda solo le battaglie è perché la parte di storia è fatta BENE: non è pesante, non è stupida, ed è coerente col resto del film.

E nonostante entrambi i film non passino il test di Bechdel, almeno Pacific Rim ha una donna e due persone di colore tra i protagonisti attivi. Godzilla (ambientato tra Filippine, Giappone, Hawaii e San Francisco) ha Ken Watanabe che guarda l’infinito, tutto il resto del mondo è un maschio bianco o un cameo.