It’s a game, after all

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Leggevo sul blog del Drago Grigio che qualcuno, apparentemente in un delirio di onnipotenza conseguente dall’aver lavorato con successo nel campo, ha scritto le regole per progettare con successo un mondo online.
Chi ha scritto queste regole direi che ha esemplificato in maniera esemplare il perché sinora nessun gioco online mi abbia mai veramente attratto (Uru a parte, ma infatti al giocatore online medio non è piaciuto).

In particolare mi lasciano perplessi punti come questi:

  1. Never trust the client.
  2. A roleplay-mandated world is essentially going to have to be a fascist state.
  3. Hate is good. This is because conflict drives the formation of social bonds
  4. Violence is inevitable

Meritano più attenzione alcuni altri punti che meritano una trattazione singola:

In an online game, players find it rewarding to save the world.

Eh?
Se mi avesse scritto “in an offline game” gli avrei dato certamente ragione. Salvare il mondo/la nazione/la principessa è sicuramente più gratificante che fare qualcosa di assolutamente ininfluente per il mondo del gioco. Questo perché l’unica ricompensa emotiva ti verrà dal gioco, e non da altre persone.

La seconda parte della regola era They find it more rewarding to save the world together, with lots of other people. Peccato che questo sia assolutamente impossibile. Non puoi far salvare il mondo continuamente a tutti i tuoi giocatori ed in grande stile; l’unico ‘salvatore del mondo’ sarà sempre e comunque colui che ha dato il colpo di grazia.

Allora qual è il compromesso? Fare si che ogni quest, ogni ministoria sia un piccolo passo verso il risultato maggiore, con risultati che appariranno nel tempo, di modo che alla fine tutti si sentiranno di aver contribuito a ‘salvare il mondo’. Certo, ci saranno personaggi che risulteranno prominenti perché avranno partecipato a quest dai risultati più evidenti; certo, questo metodo richiede che i giocatori rimangano sul server abbastanza a lungo da vedere i risultati delle loro azioni. Come fare per gli altri?
Si fa si che anche NON salvare il mondo sia eccitante per il giocatore. L’è dura, ma è l’unica.

It’s a SERVICE. Not a game. It’s a WORLD. Not a game. It’s a COMMUNITY. Not a game. Anyone who says, “it’s just a game” is missing the point.

E qui loro però hanno mancato il punto dall’altro lato. Un mondo online non è solo un gioco; ma è ANCHE un gioco. E per sopravvivere deve essere un gioco divertente.
La maggior parte dei giochi online sono orientati ai risultati o all’accumulazione. Questo distrugge i requisiti per essere un gioco divertente per la maggior parte della popolazione, a costo di pestare i piedi ai giocatori online hardcore.

Quali accorgimenti si possono prendere?
– limitare la corsa al livello maggiore; se non puoi diventare un superuomo rispetto agli altri, non ci sarà bisono di cercare cheat o stare online 24 ore al giorno per diventarlo
– limitare le attività che richiedono di rimanere online continuamente per portare frutti; la gente vuole svagarsi, e non stressarsi, mentre sta giocando, e deve poter smettere quando gli pare
– uccidere l’economia: i sistemi che svuotano le casse dopo un certo tot fanno infuriare i giocatori, quelli in cui l’accumulo non ha limiti creano power player; se elimini il denaro elimini anche il problema e, in compenso, potresti veder nascere una economia del baratto o basata sullo scambio di conoscenza. Nessuno potrà avere tutto, nessuno potrà vedersi rubato qualcosa dal sistema di gioco.
– limitare la competizione violenta tra i giocatori, o comunque quella che demerita i possessi di un giocatore a favore di quelli di un altro; oppure, ancora meglio, relegarla in un gioco dentro al gioco, in modo che sia possibile sfogare l’istinto competitivo con altri opponenti senza rompere le scatole a chi invece non è interessato

Dopo tutto questo molti mi diranno che ho eliminato tutto ciò che rende interessante stare a lungo in un gioco online. Può anche essere vero: è rimasto però quello che rende interessante andare, e tornare periodicamente, in un gioco online senza mai perdere l’interesse verso di esso. E scusatemi se è poco.