L’albero di tutte le cose

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(attenzione: contiene alcuni spoiler sul mondo di Uru)

Arrivato il cofanetto di The Path of the Shell non ho potuto esimermi dal ritirarmi in eremitaggio un paio di giorni per giocarlo in full immersion. Giocare forse non è il termine adatto, in mancanza di un termine polivalente come l’inglese play; il gioco di Uru non sono solo gli enigmi e gli indovinelli e gli apparati meccanici, ma anche l’interpretare una parte, una rappresentazione gigantesca in cui gli D’ni e le loro Ere sono reali e noi siamo davvero esploratori che camminano per questi mondi abbandonati da oltre due secoli alla ricerca di segreti nascosti.

Per citare RAWA (che nella grande rappresentazione interpreta, ma non è, il dr. Watson) :

As far as the DRC are concerned, D’ni is real. It isn’t a matter of them pretending it’s real. The DRC members and their restoration teams work there (nearly) every day. They know it is real, so they don’t have any problems refering to it as a real place.

Sono sette anni che giro per le mura rocciose di D’ni, da quando alcune immagini sbiadite provenienti dall’isola di Rime e, soprattutto, quella di un grande albero hanno acceso la mia immaginazione come solo un’altro mondo e un’altra storia opere dell’ingegno umano hanno saputo fare in precedenza. Da quel momento ho saputo che D’ni non era solo una grandiosa storia narrata dai fratelli Miller: era reale.

Della storia travagliata di Uru, della dipartita della parte Live e di come quella offline nemmeno dovrebbe esistere non parlerò: fiumi di inchiostro elettronico sono già stati sparsi a riguardo. Ciò che è da evidenziare è che, nel bene e nel male, Uru/Mudpie si è creato durante gli anni uno strascico di trame e sottotrame che non basterebbero 120 expansion pack a coprire; la prima espansione, To D’ni, a malapena ricuciva gli strappi lasciati dalla repentina chiusura del Prologo e del DRC.
The Path of the Shell quindi compie un altro piccolo miracolo nella storia di Uru: ignora quasi completamente tutte le grandi trame aperte in precedenza ma porta invece avanti una storia che inizia, si sviluppa e finisce all’interno dell’espansione. La parte riguardante Yeesha è sempre vaga e lascia aperte molte possibilità ma, a differenza della fine di Prime, il giocatore/esploratore è soddisfatto alla fine di TPotS perché sa cosa doveva fare, sa come l’ha fatto e soprattutto sa perché l’ha fatto. Niente “You don’t need to understand it now”. Alleluja!
Non mi stupirei se To D’ni e TPotS riuscissero a rinverdire l’interesse verso Uru che, con le due espansioni a dargli manforte, merita davvero il titolo di capolavoro mancato che gli è stato affibbiato nei forum.
Soprattutto TPotS mostra uno scorcio su ciò che Uru Live davvero prometteva: non una pompata chat room in 3d ma una serie di storie in continuo fiorire e collegate tra loro in un mondo che cambiava e si evolveva.

Passiamo ora al gioco vero e proprio. Si inizia con un nuovo dono di Yeesha: sei libri di profezie ed un libro di collegamento verso un santuario di nome Rolep, entrambi legati alla figura profetica dell’Osservatore. E guarda guarda chi si rivede, il nostro vecchio amico Kadish! A quanto pare il nostro, prima di morire, è riuscito a farsi il nome di una figura messianica dotata di poteri eccezionali, non ultimo quello di poter scrivere libri che viaggiano nel tempo. Ma è davvero così?
Questa è la parte Yeesha della storia: provare che Kadish è un impostore e che Yeesha è il vero Coltivatore della leggenda. La differenza con la storia di Uru è che allora c’era solo Yeesha, che ti diceva fai questo e fai quello, e tu ti chiedevi perché cavolo non se lo potesse fare da sola. Non c’era alcun antagonista.
Kadish invece, senza nemmeno apparire di persona, entra di diritto tra i migliori villain che abbiano mai popolato l’universo di Myst. Un impostore, un megalomane, un uomo che usava inganni e menzogne per spingere la popolazione al suo favore; eppure anche un genio della tecnica, della meccanica, dell’arte e della architettura, una mente eccezionale e sopraffina, un misto curioso di intenti nobili e sviati.
Ricorda qualcuno?
Proprio come Gehn, Kadish è una di quelle figure carismatiche che ti fa dire “se non avesse questo difetto sarebbe migliore di Atrus, Catherine, Yeesha e tutti i buoni della serie”. Non è difficile pensare a Kadish come al personaggio preferito di qualcuno.

E qui entra in gioco la prima ricompensa, se così vogliamo chiamarla, quella cerebrale: risolvendo il segreto di Ahnonay ed Er’cana, le due Ere in cui il Maestro di Gilda ha riversato il suo ingegno, e percorrendo sino alla fine il Sentiero della Conchiglia l’esploratore dimostra a sé stesso di essere intelligente quanto e più di Kadish stesso.
Kadish, da oltre la morte, ci offre un enigma, una partita a scacchi; noi, accettando la sfida e muovendo i nostri pezzi, impariamo a rispettare la genialità del nostro nemico, senza scordare che stiamo pianificando la sua sconfitta.

C’è poi la parte non-Yeesha della trama, che si svolge sugli stessi binari ma offre la motivazione concreta per muovere l’esploratore: l’accesso al grande albero di D’ni, la prima immagine di Uru apparsa agli esploratori e, simbolicamente, l’ultima ad apparire all’interno del gioco.
E il grande albero a sua volta consentirà un breve ritorno all’inizio simbolico di tutta la saga, chiudendo un ennesimo ciclo.
It’s an interesting cycle, this coming and going…

Parliamo ora delle due Ere principali.
Ahnonay è un mondo scritto da Kadish stesso per dimostrare i suoi poteri di manipolazione del tempo; si tratta di una placida isola rosata popolata da strani granchi tripodi e il cui mare è attraversato da fortissime correnti, raggiungibile solo tramite un libro sito in un tempio. Ma perché non un collegamento diretto da Rolep? Forse il viaggio nel tempo è ancora attuabile ora che Kadish è morto? La soluzione all’enigma, come in tutti i giochi di Kadish, è evidente e nascosta al tempo stesso…
Er’cana invece è un mondo dedicato all’agricoltura; in un canyon sito sul letto di un antico fiume troviamo un grandioso complesso industriale di cui Kadish è stato l’architetto.
In entrambe le Ere ci troviamo di fronte sia a splendidi ambienti esterni che a grandi costruzioni meccaniche, il distintivo marchio di fabbrica delle creazioni D’ni. I fanatici di spazio 1999 saranno particolarmente entusiasti della sala di controllo di Er’cana!

TPotS, purtroppo, non è però esente da difetti – con la scusante che è stato trasformato da materiale Live a single player, completato, testato e rilasciato nel giro di tre mesi. Alcuni bug fastidiosi appaiono con alcune configurazioni video, costringendo ad uscire e rientrare nel gioco per poter andare avanti (posso però dire che ho finito il gioco senza incappare in alcuno di essi), alcune texture non sono così perfette e, soprattutto, alcuni tempi di attesa vi faranno odiare ardentemente il numero dell’Osservatore… Questa vignetta di Mysterium House riassume alla perfezione la situazione.

I pregi, però, compensano di gran lunga i difetti e vi ritroverete a girare per le Ere di Uru anche dopo aver completato il gioco alla ricerca di tutti i piccoli indizi e regali che Yeesha – e la Cyan – hanno lasciato in giro per l’esploratore ed il fan appassionato.

L’installazione di TPotS per gli italiani converte Uru necessariamente in inglese, essendo l’espansione localizzata solo in francese e tedesco. Se non temete la lingua albionica, TPotS è sicuramente un acquisto must. Se invece siete nuovi del mondo di Uru consiglio l’acquisto di Uru Complete Chronicles, che vi farà risparmiare qualche soldino rispetto ai due giochi comprati separatamente e vi eviterà alla radice eventuali problemi di installazione dell’espansione sopra al gioco originale.

Voto complessivo: 9,2/10